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Evoluzione dei frumenti e origine del farro: differenze tra le versioni

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“Farro” (''hulled wheat''  in inglese) è il nome comune con il quale sono chiamati i frumenti vestiti, che differiscono dai più diffusi frumenti nudi (tenero e duro) perché al momento della trebbiatura le cariossidi non si separano dalle glumelle.
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I '''cereali''', più di qualsiasi altro gruppo di piante coltivate, rappresentano la storia dell’[[:Category:Agricoltura | agricoltura]] e della sua evoluzione. Non è fuori luogo affermare che l’evoluzione dei cereali coincide con l’evoluzione dell’[[:Category:Agricoltura | agricoltura]] a partire dalla loro origine comune, circa 10.000 anni fa.  
I frumenti appartengono al genere ''Triticum'' all’interno della grande famiglia delle ''Poaceae'' (figura 1), caratterizzata da numero cromosomico di base 7 (x=7). Il genere ''Triticum'' è il più importante per numero di specie coltivate e per entità di diffusione e di utilizzazione e comprende tutte le specie di farro.
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FIGURA 1
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====Le forme selvatiche====
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Le forme selvatiche di cereali sicuramente hanno un’origine più lontana, ma '''le prime forme coltivate''' risalgono al Neolitico, nella zona di origine dei cereali, la Mezza Luna Fertile (area fra Israele, Libano, Siria, Iraq), quando da pastorale il sistema agricolo diventò stanziale, perché iniziò la coltivazione delle piante e le prime ad essere utilizzate, appunto, furono i cereali.
  
La classificazione delle diverse specie è oggi ben definita ed i recenti studi di genetica hanno chiarito con esattezza la filogenesi dei frumenti in generale e del farro in particolare  e hanno stabilito le relazioni fra le diverse forme attuali, sia coltivate che spontanee (Salamini ''et al''., 2002; Özkan et al., 2002). I farri sono i primi frumenti coltivati dall’uomo ed è possibile far risalire la loro origine a oltre 10 mila anni fa, nella zona della Mezza Luna Fertile (tra Iran, Iraq, Siria e Palestina), che rappresenta il centro di origine primario e il maggior centro di diversificazione per queste specie, delle quali tre in particolare hanno interesse agricolo e la loro coltivazione  è giunta fino ai nostri giorni:
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Un aspetto molto importante da sottolineare è che '''tutte le specie''' presenti 10.000 anni fa '''esistono ancora oggi''', sia in forma spontanea che coltivata e, a differenza di altre specie di interesse agrario scomparse, è possibile studiarle dal vivo e comprendere con esattezza i processi evolutivi avvenuti in questo lungo periodo e le relazioni fra le diverse specie, frutto di complessi processi naturali di incrocio, mutazione, selezione e azione umana, mirata alla scelta dei tipi più adatti alle proprie esigenze, agronomiche e alimentari.
• farro piccolo o monococco (''Triticum monococcum''), specie diploide, cioè con due set di cromosomi ((2x7=14 cromosomi totali);
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farro medio o dicocco (''Triticum dicoccum''), specie tetraploide, con 4 set di cromosomi (4x7 =28 cromosomi totali);
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• farro grande o spelta (''Triticum spelta''), specie esaploide, con 6 set di cromosomi(6x7=42 cromosomi totali).
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[[File:Origine-farro-figura1.jpg|300px|'''Figura 2'''. Relazioni filogenetiche tra frumenti tetraploidi e frumenti esaploidi, dalle forme spontanee alle forme coltivate (modificato da Salamini ''et al''., 2002)]]
All’interno di ciascuna specie è possibile individuare diverse popolazioni locali, in particolare negli areali dove la specie si è maggiormente diffusa. Il farro dicocco, il più coltivato nel bacino del Mediterraneo, presenta un elevato numero di varietà locali, derivanti dall’azione congiunta della selezione naturale e della selezione antropica. Esse differiscono per caratteri morfologici, fisiologici, agronomici e qualitativi e assumono una loro netta identità, spesso fortemente legata al territorio di origine. Infatti, alcune varietà locali, ad esempio il “farro della Garfagnana” e il ”farro di Monteleone di Spoleto”, grazie alle loro particolari caratteristiche genetiche e di utilizzazione derivanti dall’ambiente di coltivazione, sono tutelate da specifici marchi di protezione della tipicità (IGP il primo e DOP il secondo).
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====La domesticazione====
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La [[domesticazione]] è stato un vero e proprio processo di '''selezione genetica''' che, modificando alcuni tratti chiave, ha trasformato piante selvatiche in piante coltivate.
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Nei cereali la transizione dal selvatico al domesticato ha riguardato essenzialmente tre caratteri principali coinvolti nella facilità di raccolta del prodotto:
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* la resistenza della spiga (la spiga che non si disarticola a maturazione disperdendo il seme è essenziale per poter coltivare e raccogliere il prodotto),  
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* la “vestitura” della cariosside (le cariossidi nude sono di immediato utilizzo rispetto a quelle vestite che rimangono unite a glume e glumelle),
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* la dimensione della cariosside (la cariosside più grande è stata preferita).
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====Il capostipite====
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Il capostipite all’origine di questo lungo e complesso processo, iniziato circa 12.000 anni fa, è il [[monococco]] selvatico, dal quale si è originato il [[monococco]] coltivato, '''il primo frumento coltivato''' (almeno 10.000 anni fa). È per questa ragione che [[Prometeo]] ha dato al [[monococco]] l’appellativo di [http://www.prometeourbino.it/monlis/ ”padre di tutti i frumenti”].
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La coltivazione del [[monococco]] è stata drasticamente ridotta circa 4.000-5.000 anni fa, durante l’Età del Bronzo, quando l’agricoltore cominciò a selezionare i frumenti tetraploidi, a partire da circa 7.000-9.500 anni fa dal ''T. dicoccoides'' (frumento tetraploide con genoma AABB), il progenitore selvatico dei frumenti tetraploidi coltivati (tra i quali [[dicocco]] e frumento duro), diffuso ovunque nel bacino del Mediterraneo. In tutta questa area il [[dicocco | farro dicocco]] è stato il frumento vestito '''più coltivato e utilizzato''' fino ai tempi moderni.
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L’origine dei frumenti esaploidi (fra i quali lo [[spelta]] e il frumento tenero) è stata più recente, circa 8.000 anni fa. Nella '''figura 2''' sono sintetizzate le relazioni filogenetiche fra i frumenti tetraploidi e quelli esaploidi.
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È evidente come, da forme selvatiche, attraverso processi selettivi o incroci interspecifici o intergenerici naturali, siano derivate altre forme selvatiche e le diverse specie coltivate.  
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Nel caso specifico dei frumenti tetraploidi la '''figura 3''' mostra le specie maggiormente diffuse, dalla forma selvatica (''T. dicoccoides'') con spiga fragile e cariosside vestita, al [[dicocco]] coltivato (''T. dicoccum'') che presenta sempre cariosside vestita, ma la spiga è resistente e non si disarticola a maturazione, fino alla specie “più evoluta” (cronologicamente più recente), il frumento duro (''T. durum''), che presenta spiga resistente e cariosside nuda.  
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Versione attuale delle 21:35, 20 giu 2015

I cereali, più di qualsiasi altro gruppo di piante coltivate, rappresentano la storia dell’ agricoltura e della sua evoluzione. Non è fuori luogo affermare che l’evoluzione dei cereali coincide con l’evoluzione dell’ agricoltura a partire dalla loro origine comune, circa 10.000 anni fa.

Le forme selvatiche

Le forme selvatiche di cereali sicuramente hanno un’origine più lontana, ma le prime forme coltivate risalgono al Neolitico, nella zona di origine dei cereali, la Mezza Luna Fertile (area fra Israele, Libano, Siria, Iraq), quando da pastorale il sistema agricolo diventò stanziale, perché iniziò la coltivazione delle piante e le prime ad essere utilizzate, appunto, furono i cereali.

Un aspetto molto importante da sottolineare è che tutte le specie presenti 10.000 anni fa esistono ancora oggi, sia in forma spontanea che coltivata e, a differenza di altre specie di interesse agrario scomparse, è possibile studiarle dal vivo e comprendere con esattezza i processi evolutivi avvenuti in questo lungo periodo e le relazioni fra le diverse specie, frutto di complessi processi naturali di incrocio, mutazione, selezione e azione umana, mirata alla scelta dei tipi più adatti alle proprie esigenze, agronomiche e alimentari.

Figura 2. Relazioni filogenetiche tra frumenti tetraploidi e frumenti esaploidi, dalle forme spontanee alle forme coltivate (modificato da Salamini et al., 2002)

La domesticazione

La domesticazione è stato un vero e proprio processo di selezione genetica che, modificando alcuni tratti chiave, ha trasformato piante selvatiche in piante coltivate. Nei cereali la transizione dal selvatico al domesticato ha riguardato essenzialmente tre caratteri principali coinvolti nella facilità di raccolta del prodotto:

  • la resistenza della spiga (la spiga che non si disarticola a maturazione disperdendo il seme è essenziale per poter coltivare e raccogliere il prodotto),
  • la “vestitura” della cariosside (le cariossidi nude sono di immediato utilizzo rispetto a quelle vestite che rimangono unite a glume e glumelle),
  • la dimensione della cariosside (la cariosside più grande è stata preferita).

Il capostipite

Il capostipite all’origine di questo lungo e complesso processo, iniziato circa 12.000 anni fa, è il monococco selvatico, dal quale si è originato il monococco coltivato, il primo frumento coltivato (almeno 10.000 anni fa). È per questa ragione che Prometeo ha dato al monococco l’appellativo di ”padre di tutti i frumenti”.

La coltivazione del monococco è stata drasticamente ridotta circa 4.000-5.000 anni fa, durante l’Età del Bronzo, quando l’agricoltore cominciò a selezionare i frumenti tetraploidi, a partire da circa 7.000-9.500 anni fa dal T. dicoccoides (frumento tetraploide con genoma AABB), il progenitore selvatico dei frumenti tetraploidi coltivati (tra i quali dicocco e frumento duro), diffuso ovunque nel bacino del Mediterraneo. In tutta questa area il farro dicocco è stato il frumento vestito più coltivato e utilizzato fino ai tempi moderni. L’origine dei frumenti esaploidi (fra i quali lo spelta e il frumento tenero) è stata più recente, circa 8.000 anni fa. Nella figura 2 sono sintetizzate le relazioni filogenetiche fra i frumenti tetraploidi e quelli esaploidi.

Figura 3. Frumenti tetraploidi: dalla forma spontanea a spiga fragile alle forme coltivate a spiga resistente (O. Porfiri, 2003)

È evidente come, da forme selvatiche, attraverso processi selettivi o incroci interspecifici o intergenerici naturali, siano derivate altre forme selvatiche e le diverse specie coltivate. Nel caso specifico dei frumenti tetraploidi la figura 3 mostra le specie maggiormente diffuse, dalla forma selvatica (T. dicoccoides) con spiga fragile e cariosside vestita, al dicocco coltivato (T. dicoccum) che presenta sempre cariosside vestita, ma la spiga è resistente e non si disarticola a maturazione, fino alla specie “più evoluta” (cronologicamente più recente), il frumento duro (T. durum), che presenta spiga resistente e cariosside nuda.