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Le diverse specie di farro

Da Prometeo Wiki.

Versione del 30 nov 2013 alle 16:46 di Orianaporfiri (Discussione | contributi)

Spighe di monococco (sinistra), dicocco (centro) e spelta (destra)













Il monococco

Il monococco, detto farro piccolo, più semplicemente monococco, è il primo cereale ad essere stato coltivato e utilizzato dall’uomo (parliamo di oltre 10.000 anni fa). La sua classificazione più recente è Triticum monococcum subspecie monococcum, che per semplicità riportiamo come T. monococcum. É una specie tipicamente mediterranea, molto presente anche in Italia e che, per migliaia di anni, ha costituito la base della dieta delle popolazioni agricole insieme al farro dicocco. Il monococco, per incroci spontanei con altre specie di Triticum, ha dato origine a gran parte dei frumenti oggi conosciuti (dicocco, frumento duro, frumento tenero e altri). Ed è per questo che possiamo, senza dubbio, definirlo “il padre di tutti i frumenti”.

La sua coltivazione è stata quasi abbandonata durante l’Età del Bronzo (4-5000 anni fa), quando l’agricoltore cominciò ad utilizzare altre specie di frumenti, in particolare con cariosside nuda, di più facile utilizzazione e con rese più alte.

Il monococco ha un ridotto contenuto in glutine e di scarsa tenacità: elementi che ne aumentano la digeribilità rispetto ad altri cereali e quindi questo farro è un alimento altamente tollerato anche da soggetti con problemi alimentari. Si ricorda che il monococco, come tutti i frumenti e tutti i farri, non può essere utilizzato dai celiaci, in quanto contiene gliadine, le proteine del glutine che causano la reazione celiaca.

Oltre alle sue eccellenti peculiarità nutrizionali, il monococco è interessante anche sotto il profilo agronomico, perché tollerante alle malattie e agli stress ambientali e adatto a condizioni colturali marginali, alto-collinari e montane. La sua rusticità, le ridotte esigenze nutrizionali e la sua ampia adattabilità ambientale lo propongono come un cereale particolarmente indicato per sistemi agricoli biologici e a basso impatto ambientale.

Oggi, grazie all’impegno di Prometeo iniziato nel 2006 con la varietà MonLis, il monococco è ritornato di nuovo ad essere coltivato nei nostri campi.


Il farro dicocco

Il farro dicocco, il farro per antonomasia (T. turgidum subsp. dicoccum, per semplicità T. dicoccum), ha le caratteristiche alimentari di base tipiche dei cereali: elevato contenuto in amido, modesto contenuto proteico (glutine) e un buon apporto di fibra; presenza di grassi insaturi e vitamine nel germe. Il dicocco differisce dai frumenti tenero e duro per alcune peculiari caratteristiche legate al maggior contenuto in sali minerali, alla presenza di un più spesso strato aleuronico (tessuto sottostante il pericarpo, ricco di vitamine e proteine funzionali), alla ricchezza in beta-glucani (gomme naturali con preziosa funzione di protezione dell’apparato digerente e di agevolazione della digestione). Il dicocco, inoltre, ha un basso indice glicemico (dovuto alla lenta trasformazione degli amidi durante la digestione che evita un alto picco glicemico, favorendo un miglior apporto energetico) e per questo particolarmente adatto a chi pratica attività sportive ed agonistiche, ma anche per chi svolge lavori sedentari e/o soggetti diabetici. Il contenuto in glutine di questa specie, così come del monococco, è mediamente basso, almeno se confrontato con i frumenti “moderni” e, soprattutto, si tratta di un glutine poco tenace (“soft”), ben tollerato da numerosi soggetti con intolleranze alimentari.

Malgrado queste scarse caratteristiche "tecnologiche" del suo glutine, il dicocco viene normalmente pastificato in purezza e fornisce, in gran parte dei casi, un prodotto (“pasta”) del tutto gradevole. La nostra opinione in merito è che non sia opportuno confrontare farro e frumento duro in relazione ai prodotti finiti: ciò che si produce con la trasformazione del farro ha un valore nutrizionale e organolettico unico, che va valutato e apprezzato per le proprie caratteristiche.

Prometeo lavora quasi esclusivamente farro e lo trasforma in una vastissima gamma di semilavorati e prodotti finiti per i quali utilizza farine ottenute dalle proprie varietà (Zefiro, Rossorubino e Yakub), sia in purezza sia in miscela.

Lo spelta

Triticum aestivum subsp. spelta (per semplicità T. spelta), è chiamato "farro grande”, per le dimensioni di pianta, spiga e cariosside maggiori rispetto agli altri farri. È la specie geneticamente più vicina al frumento tenero e si è diffusa particolarmente nei paesi del Nord Europa, dove è coltivata da sempre ed utilizzata per i prodotti da forno.

Fino a non molti anni fa era anche l’unico “farro” conosciuto al di fuori dei confini italiani, dove solo di recente è stato introdotto il dicocco, con non poche difficoltà per far comprendere le numerose differenze fra le due specie, in particolare negli ambienti anglosassoni e statunitensi, dove, per l’appunto, “spelt” era da sempre sinonimo di farro.

È anche la specie di farro maggiormente interessata a programmi di miglioramento genetico e sono state ottenute numerose varietà iscritte al Registro Europeo, istituto già molti anni fa (a differenza di quelli del monococco e del dicocco istituiti solo nel 2004). I programmi di breeding sono impostati su due filoni: la selezione entro popolazioni locali (in particolare nei paesi del Mediterraneo, Italia inclusa, esempio la varietà Triventina) e l’incrocio. Quest’ultimo può avvenire fra diverse varietà di spelta (si ottengono spelta “puri”) oppure fra varietà di spelta e varietà di frumento tenero (spelta “incrociati” o crossed spelt): quest’ultima strategia è quella maggiormente perseguita nei paesi nord-europei allo scopo di migliorare le caratteristiche panificatorie dello spelta, vs il frumento tenero.

In Italia sono presenti varietà locali di spelta, nelle aree appenniniche del Sud, ma in misura decisamente minore rispetto al dicocco. La prima varietà di spelta – Rouquin (spelta puro di origine belga) - è stata introdotta a metà degli anni Ottanta e coltivata in piccole superfici. Altre varietà sono state introdotte dal Nord Europa [esempio Altgold Rotkorn (“pure” spelt); Balmegg (“crossed” spelt)], ma la loro coltivazione resta limitata: si stima una superficie non superiore ad un migliaio di ettari. Tale scarsa diffusione in Italia è da attribuire, con buona probabilità, a tre ordini di motivi: - la coltivazione dello spelta non ha mai dimostrato evidenti vantaggi produttivi e agronomici rispetto al dicocco, che di fatto rimane il farro per eccellenza; - la trasformazione nazionale è principalmente indirizzata su prodotti finiti diversi da quelli tipicamente da forno (dove lo spelta trova maggiore impiego); - le coltivazioni nord-europee sono più produttive e la disponibilità di prodotto sul mercato elevata, tali da non rendere competitiva la coltura in Italia.

Prometeo utilizza piccole quantità di spelta prodotto in Italia per la produzione di farine e alcuni prodotti da forno.