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− | e contribuiscono positivamente sul mantenimento della salute e/o prevenzione delle malattie. | + | Sono, in sintesi, considerati '''funzionali''' gli alimenti comunemente presenti nella dieta che contengono componenti '''biologicamente attivi''' in grado di migliorare la salute o ridurre il rischio di malattie, quali ad esempio quelli contenenti determinati '''minerali''', '''vitamine''', '''acidi grassi''' o '''fibre alimentari''' oppure addizionati con principi attivi di origine vegetale, [[antiossidanti]] e probiotici. |
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+ | Nel 1999 sul British Journal of Nutrition, nel documento recante il nome di “Scientific concepts of functional foods in Europe, Consensus Document” (Concetti scientifici di alimenti funzionali in Europa) è apparsa per la prima volta la definizione di '''alimento funzionale''': ''un alimento può essere considerato funzionale se dimostra in maniera soddisfacente di avere effetti positivi e mirati su una o più funzioni specifiche dell’organismo, che vadano oltre gli effetti nutrizionali normali, in modo tale che sia rilevante per il miglioramento dello stato di salute e di benessere e/o per la riduzione del rischio di malattia. Gli alimenti funzionali devono comunque restare “alimenti” e dimostrare la loro efficacia nelle quantità normalmente consumate nella dieta. Gli alimenti funzionali non sono pillole o pastiglie, ma prodotti che rientrano nelle normali abitudini alimentari.'' | ||
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Un '''alimento funzionale''' può essere: | Un '''alimento funzionale''' può essere: |
Gli alimenti funzionali sono alimenti caratterizzati da effetti benefici addizionali, oltre alla nutrizione di base, dovuti alla presenza di alcuni componenti naturalmente presenti o aggiunti, che interagiscono più o meno selettivamente con una o più funzioni fisiologiche dell’organismo e contribuiscono positivamente sul mantenimento della salute e/o prevenzione delle malattie. Sono, in sintesi, considerati funzionali gli alimenti comunemente presenti nella dieta che contengono componenti biologicamente attivi in grado di migliorare la salute o ridurre il rischio di malattie, quali ad esempio quelli contenenti determinati minerali, vitamine, acidi grassi o fibre alimentari oppure addizionati con principi attivi di origine vegetale, antiossidanti e probiotici.
Nel 1999 sul British Journal of Nutrition, nel documento recante il nome di “Scientific concepts of functional foods in Europe, Consensus Document” (Concetti scientifici di alimenti funzionali in Europa) è apparsa per la prima volta la definizione di alimento funzionale: un alimento può essere considerato funzionale se dimostra in maniera soddisfacente di avere effetti positivi e mirati su una o più funzioni specifiche dell’organismo, che vadano oltre gli effetti nutrizionali normali, in modo tale che sia rilevante per il miglioramento dello stato di salute e di benessere e/o per la riduzione del rischio di malattia. Gli alimenti funzionali devono comunque restare “alimenti” e dimostrare la loro efficacia nelle quantità normalmente consumate nella dieta. Gli alimenti funzionali non sono pillole o pastiglie, ma prodotti che rientrano nelle normali abitudini alimentari.
Un alimento funzionale può essere:
L’alimento funzionale può essere destinato a tutta la popolazione o a gruppi specifici di persone; la sua commercializzazione deve essere affiancata da una corretta informazione nelle indicazioni nutrizionali-salutistiche rivolte ai consumatori. Inoltre il consumo deve essere valutato nel contesto della abituale alimentazione giornaliera.
Successo e diffusione degli alimenti funzionali sono dovuti principalmente alla evoluzione della percezione di alimento come solo nutrimento, ad alimento come promotore di salute e benessere. Pertanto il mercato degli alimenti funzionali è in continua evoluzione soprattutto in quei paesi come USA, Canada, Nord Europa e Giappone, in cui la cultura del cibo è meno legata alla tradizione (come invece avviene in Italia), ma più sensibilizzata verso l’innovazione.
In Italia quindi la creazione di un alimento funzionale è basata più sull’evoluzione di alimenti tradizionali (pasta, pane, prodotti da forno ecc..), che rispettino le materie prime, l’alimento e le esigenze del consumatore (ad esempio un prodotto tradizionale evoluto in aspetti specifici, come valore nutrizionale e shelf-life). Tale approccio è assai più complicato e complesso, rispetto alla semplice addizione di composti estratti chimicamente o sintetizzati in laboratorio e richiede il supporto di varie figure professionali, quali genetisti, agronomi, tecnologi alimentari, microbiologi, nutrizionisti, ecc.
Non si dimentichi poi l’aspetto sensoriale: l’alimento funzionale per affermarsi sul mercato deve essere anche valido sotto il profilo del gusto, sapore e odore, poiché il consumatore non è disposto ad acquistare un alimento con valore aggiunto conferito dall’ingrediente bioattivo, qualora lo stesso risulti scadente o non accettabile da un punto di vista edonistico e sensoriale.