Il farro è un cereale a paglia come il grano e quindi la tecnica colturale segue - in generale - le stesse tracce, seppure siano da tenere in considerazione alcuni suoi tratti specifici quali:
Date queste caratteristiche, inoltre, non ci sono differenze sostanziali di tecnica colturale fra coltivazioni biologiche e coltivazioni convenzionali, escluso l’uso di fertilizzanti di sintesi e di prodotti chimici non ammessi in biologico.
La rotazione o avvicendamento è l’alternanza di colture diverse negli anni su un singolo campo con l’obbiettivo di mantenere la fertilità del terreno, gestire lo sviluppo delle erbe infestanti, contenere la diffusione di malattie e insetti specifici della singola coltura. Tale pratica permette di ottenere il migliore risultato produttivo e qualitativo di ogni coltura.
Il farro occupa il posto del cereale nella rotazione, quindi la sua coltivazione deve essere alternata a colture da rinnovo o miglioratrici. Tuttavia, tenuto conto della taglia elevata e delle ridotte esigenze nutrizionali, andrebbe evitata la semina dopo medicaio o foraggere leguminose, che lasciano il terreno ricco di azoto che favorisce l’allettamento. Data la sua rusticità si adatta anche ad essere coltivato dopo il frumento (la coltivazione di un cereale dopo un altro cereale si chiama “ristoppio” o “ringrano”).
Il farro, come gli altri cereali, sviluppa l’apparato radicale nei primi 10-20 cm di terreno, di conseguenza la lavorazione non deve essere troppo profonda, purché garantisca lo sgrondo dell’acqua, eviti ristagni idrici, non comporti compattamento.
Il tipo di lavorazione dipende:
Vanno preferite lavorazioni con rivoltamento/rimescolamento del terreno nel caso in cui la coltura precedente sia sorgo, mais o ristoppio; mentre, dopo girasole, cece, lenticchia, trifoglio, è possibile effettuare una lavorazione molto superficiale o seminare direttamente con seminatrici combinate o da sodo.
La semina del farro non differisce da quella degli altri cereali sia per i tempi che per le modalità. L’epoca di semina varia in relazione all’ambiente (più anticipata nelle zone più fredde e a maggiore altitudine; semina di fine inverno nelle zone di alta montagna), all’andamento climatico, alle condizioni del terreno e alla varietà di farro da seminare: le varietà invernali (ad esempio il dicocco Zefiro) devono essere necessariamente seminate in autunno, mentre le varietà allternative (ad esempio il dicocco Rossorubino e il monococco Monlis) possono essere seminate in autunno nei climi più miti e alla fine dell’inverno nelle zone più fredde).
In coltivazione biologica è preferibile posticipare la semina, nei limiti del possibile (andamento climatico, condizioni del terreno), effettuando una “falsa semina”. Questa pratica consiste nel preparare il letto di semina senza seminare, i semi delle infestanti trovano le condizioni ideali per germogliare, successivamente, a distanza di 20-30 giorni si effettua una nuova erpicatura/strigliatura, che rimuove tutte le erbacce nate. Se le condizioni del tempo e del terreno lo permettono, tale operazione si può ripetere più volte.
La semina si effettua con le seminatrici da grano, sia meccaniche sia pneumatiche, su terreno già affinato oppure con seminatrici combinate (erpice rotante + seminatrice + rullo/erpice) su terreno arato (non affinato) oppure con seminatrici da sodo (semina diretta su terreno non lavorato, appunto “sodo”). La scelta del tipo di semina è prevalentemente condizionata dall’organizzazione aziendale, dalla disponibilità di attrezzature e dall’andamento stagionale (che influenza la preparazione del terreno).
La densità di semina va stabilita in relazione all’epoca di semina, alla varietà scelta (peso dei semi), alla germinabilità della semente, alle condizioni del terreno e all’andamento climatico. Tenuto conto che il farro accestisce molto ed ha una taglia elevata, l’investimento deve essere moderato e non deve superare i 300-350 semi germinabili per metro quadrato nel dicocco e i 200-250 semi germinabili per metro quadrato nel monococco, che indicativamente corrispondono a 140-160 kg per ettaro nel primo e a 90-100 kg per ettaro nel secondo.
La rullatura è una pratica molto importante sia alla semina sia successivamente, purchè il terreno e le piante siano perfettamente asciutti e si effettua con rulli lisci oppure dentati (e tipologie simili).
Subito dopo la semina consente il livellamento del terreno (aspetto che favorirà l’efficacia di un’eventuale strigliatura ad accestimento), uniforma la profondità del seme (favorendo una emergenza uniforme), rompe l’eventuale zollosità superficiale, consente la copertura di semi scoperti, accosta il terreno al seme (che accelera la germinazione e l’emergenza). A questo stadio è particolarmente importante in caso di terreno molto asciutto, zolloso e in assenza di piogge. Evitare di intervenire su terreni bagnati e molto compattati.
Sulla coltura allo stadio di inizio accestimento, soprattutto se ci sono forti gelate invernali (che sollevano il terreno e lo scostano dalle radici), in presenza di “crosta” superficiale del terreno o di elevata zollosità (in assenza di rullatura alla semina), con apparati radicali poco affrancati e superficiali, in condizioni di scarso accestimento, in situazioni di stress idrico, subito dopo la distribuzione di un concime in copertura, la rullatura è un ottimo intervento per superare tutte queste problematiche e favorire lo sviluppo della coltura. In particolare, su terreno con crosta superficiale deve essere utilizzato un rullo dentato, in tutti gli altri casi va bene il rullo liscio.
La strigliatura è un’operazione svolta con l’erpice strigliatore, un attrezzo munito di denti dritti o leggermente reclinati all’apice, come un pettine (una “striglia” per l’appunto), parzialmente flessibili, che svolgono la funzione di “strigliare” il terreno e/o le piante.
Si può utilizzare su terreno nudo per la preparazione del letto di semina oppure sulle colture già nate, sia di cereali che di altre specie. Sui cereali in generale - e sul farro in particolare - l’intervento va dall’inizio dell’accestimento all’inizio della levata.
La strigliatura rompe la crosta superficiale del terreno e sradica le erbe infestanti presenti (mentre non sradica la pianta del cereale che ha già le radici ben ancorate al terreno). Tale operazione - che deve essere condotta in condizioni di asciutto:
Infine, questo intervento comporta la parziale rottura/indebolimento delle piante più sviluppate, favorendo l’accestimento e la ripresa del vigore vegetativo della coltura alla fine dell’inverno.
Il farro si presta al pascolamento invernale, fino alla fase di fine accestimento. Il gregge svolge un’azione simile alla rullatura, perchè il calpestio favorisce l’accostamento del terreno alle radici e la brucatura migliora l’accestimento.
La coltura del farro, grazie alla lentezza iniziale dello sviluppo vegetativo, è adatta alla trasemina della medica e altre leguminose foraggere (bulatura), pratica che prevede la semina della foraggera nel cereale in accestimento in febbraio-marzo.
Può essere completamente omessa negli terreni più fertili e con adeguati avvicendamenti colturali; diversamente – in relazione alle diverse condizioni agro-climatiche e al potenziale produttivo, è sufficiente una disponibilità di 60-80 unità per ettaro di anidride fosforica assimilabile e 40-60 unità di azoto che, se non presenti nel terreno, possono essere somministrate (in biologico devono essere utilizzati i fertilizzanti ammessi) in pre-semina per il fosforo e in copertura precoce per l’azoto evitando, per questo elemento, interventi tardivi che potrebbero favorire l’allettamento. Evitare per il farro i terreni ricchi di sostanza organica e/o letamati.
Mentre dalla trebbiatura del frumento si ottiene la granella pulita (nuda), nel caso del farro, essendo un cereale vestito, la pula rimane ben attaccata al chicco e la separazione avverrà solo successivamente durante le operazioni di sgusciatura o sbramatura. È quindi importante regolare adeguatamente gli organi trebbianti (velocità e apertura del battitore) al fine di ottenere un prodotto con un buon grado di pulizia e nello stesso tempo evitare la rottura della granella. L’umidità di raccolta non deve superare il 13-14%, perché il prodotto si possa conservare bene.